Informazioni
Edificio voluto espressamente dal conte Giovanni Baudi di Selve, notabile vigonese in oscillante dimora fra Vigone, borgo agricolo capoluogo di mandamento della provincia di Pinerolo, e Torino, città capitale del Regno di Sardegna, il Teatro Selve sorse in nemmeno quattordici mesi nel cuore dell'abitato, dinanzi ad uno dei principali snodi viari del centro ed in posizione mediana fra gli altri due luoghi-simbolo del paese - il Palazzo Municipale e la chiesa di Santa Maria del Borgo - divenendo in qualche modo l'emblema, nel momento di massimo sviluppo demografico di Vigone, di una raggiunta condizione di "città". Il Selve è un tipico "teatro all'italiana" ottocentesco, pensato in primo luogo per il melodramma. Nel progettarlo, l'architetto torinese Domenico Berutto tenne a mente la sala - già ripensata nel 1828 da Giuseppe Maria Talucchi - del Teatro Sutera di Torino, struttura di fondazione settecentesca che andò distrutta irreparabilmente nel dicembre 1941. Di foggia neoclassica, sobrio ed elegante, con pianta a ferro di cavallo e spazi per il pubblico scanditi in platea, due ordini di palchi e loggione, il Selve fu inaugurato, in concomitanza con la festa patronale di San Nicola, l'8 settembre 1855 con un titolo oggi noto soltanto agli addetti ai lavori, all'epoca celeberrimo in tutta Europa: l'opera buffa Chi dura vince del maestro napoletano Luigi Ricci. Il passaggio di proprietà al municipio - destino comune a gran parte delle strutture teatrali dell'Italia post-unitaria - avvenne nel 1884, dopo almeno due decenni di trattative. Dopo cinque lustri di alterne fortune, nel gennaio-febbraio 1983 il Selve, di nuovo in regime di parziale agibilità, divenne fulcro di un singolare esperimento di animazione teatrale sul territorio con il coordinamento del Teatro Stabile di Torino e la direzione di Renzo Giovampietro. Malgrado il pesante intervento di ristrutturazione subìto nel 1962 - la sostituzione delle tavole di palcoscenico, ritenute fatiscenti e obsolete, con un palcoscenico in cemento armato, pratica, per quegli anni, di "ordinaria follia" - il teatro è giunto a noi in una condizione che testimonia il sostanziale mantenimento delle linee volute dal Berutto.