Spesso le riflessioni di Franco Milella di Fondazione Fitzcarraldo hanno aperto scenari nuovi in tema di sviluppo locale e politiche culturali, un esempio per tutti gli approfondimenti e le sperimentazioni sui partenariati speciali pubblico-privati previsti dall’art.151. c3. del codice degli appalti. Ora nuovamente ci stupisce con l’articolo “[Riflessioni] La tempesta perfetta e il cambiamento necessario. Cosa fare? Fare ciò che serve” appena pubblicato da AgCult. Un documento di elaborazione strategica basato sulla critica alla situazione esistente, ma estremamente diretto e concreto a indicare le strade possibili. Un contributo che incontra una simbiotica empatia di tutti coloro che facilmente si riconoscono tra gli “invisibili” che lavorano nel settore culturale (e che secondo una nota del testo “Che una recentissima stima operata da Fondazione Fitzcarraldo valuta in un range compreso tra le 230.000 e le 270.000 unità”).
Moltissimi i passaggi che entrano nella profondità delle questioni.
Sulla centralità della cultura: “a conti fatti, la domanda culturale non dipende, come effetto, dal benessere economico. È vero l’esatto reciproco: la partecipazione culturale e la densità dell’offerta costituiscono uno dei pilastri delle strategie di sviluppo sostenibile, della crescita economica e del well being delle comunità. Non vi è Sviluppo, non c’è futuro, senza Cultura”.
Sull’esigenza di rinnovare l’attualità dei partenariati aperti tramite “logiche negoziali/fiduciarie e partenariali, per fasi successive, premettono il rispetto della natura sartoriale che impongono le differenze distintive dei contesti in cui opera la Cultura ed una maggiore adeguatezza nella identificazione dei risultati a cui tendere. Bisogna assumere la complessità e la sperimentazione come ragione di riferimento. E smettere di incastonare lo sviluppo progettuale culturale in modelli prefigurati, in catene adempitive, orientate agli output e non agli outcomes, consolatorie di una certezza che non è quasi mai data in partenza nella produzione culturale.Liberiamo le risorse culturali di questo Paese”.
Rimuovendo di netto tutta l’ipocrisia insita “nelle policies pubbliche del nostro Paese, [a cui] sfugge completamente la natura “idiosincratica” della Cultura, in quanto dotata, di “carattere proprio” e non qualificabile esclusivamente in relazione alle proprie dinamiche di business. E sfuggendo la comprensione della natura e del valore principale della Cultura, sfugge anche quella del suo ruolo nella crescita del Capitale Umano come elemento essenziale del successo, ad esempio, del Made in Italy, il cui tratto dirimente è l’incorporazione di valori culturali esclusivi”.
Con la lucidità di indicare strumenti e metodi come quando evidenzia l’istanza di “sostenere la capitalizzazione del lavoro umano come investimento nella cultura apre la porta a numerosi effetti positivi, primo fra tutti il rispetto del lavoro e dell’adeguata retribuzione nel sistema complessivo dell’offerta culturale, la possibilità diretta di sostenere il lavoro e la produzione degli artisti, la possibilità di scambi di esperienze, competenze e contenuti tra organizzazioni culturali qualificate (…). Una normativa nazionale specifica aprirebbe le porte all’adozione dei costi di personale come spesa ammissibile e, perfino come spesa d’investimento capitalizzabile, alla luce delle possibilità già date dalla normativa europea”.
Nell’insieme un distillato prezioso di finezza e saggezza programmatoria, una ricetta per rinsavire velocemente anche dai tanti effetti indiretti della pandemia, una lista di controllo per evitare guai peggiori quando gli effetti combinati del dopo pandemia si dispiegheranno su vari fronti, e ancora una guida per gli addetti ai lavori, compresi i tanti visionari, riutilizzatori, innovatori, che sono alle prese per il riuso e la rigenerazione di spazi.
RIUSIAMO L'ITALIA!
roberto.tognetti@riusiamolitalia.it
https://agcult.it/a/21424/2020-07-04/riflessioni-la-tempesta-perfetta-e-il-cambiamento-necessario-cosa-fare-fare-cio-che-serve